Amare la sperimentazione
25 Marzo 2024 - Centro Candiani, Mestre - Poetry Vicenza 2024
«Tous est art, mais il faut des artistes pour le faire comprendre aux gens».
(Ben Vautier)
In occasione di Bread&Butter, Archivio Bonotto ha presentato oltre 150 opere per percorrere, dalle origini, la storia della più rivoluzionaria avanguardia artistica.
Un manto giallo di foglie, come un grande tappeto monocromo, copre l'ingresso.
“É un ginko biloba, un fossile vivente”, sorride mentre mi saluta.
Piove e sale il rumore dal ciotolato di pietra lasciata grezza.
Sembra di entrare in una vecchia cascina di campagna.
Sotto il grande porticato un telaio di legno.
“Fu il primo con il quale cominciai ad intrecciare tessuto e pelle. La mia storia parte li, negli anni sessanta”.
Entriamo. Nascosto tra un grande lavoro di Nam June Paik e una parete con almeno trenta lavori di Ben Vautier, c'è il centralino. Una signorina saluta gentilmente con alle spalle il grande manifesto “Sentieri Interrotti”, grande mostra sul movimento Fluxus del 2000 a Bassano del Grappa.
Siamo all'ingresso della Bonotto Spa. Una fabbrica. Un'azienda. “Curioso”. Mi giro e intravedo quella che penso che sia l'amministrazione nascosta da un lunga tenda a strisce. “ Ah, è un altro lavoro..”.
Passo vicino ad una piccola piramide di mosaico dorato. Mi ricorda il Premio Guggenheim Impresa e Cultura.
“In effetti l'abbiamo vinto dieci anni fa, allora mica si parlava di cultura e impresa. Erano gli inizi per l'Italia. Adesso serve forse per vendere borsette o vestiti”.
Comincio a capire. Ma siamo solo all'inizio. Saliamo le scale. Si aprono stanze e stanzette.
La fabbrica è coperta di lavori. Ovunque. Centinaia, migliaia. Sparsi. Appesi. Spoerri, Rot, Patterson,Metzger, Maciunas, Chiari, Forti, Friendman, Beuys, Cunningham, Brecht, AYo ... “ Cosa vuole è giusto che vivano, che stiamo in mezzo alle vita di ogni giorno. Che operai come dirigenti ci passino di fianco. Che ci buttino l'occhio. Senza forzature”.
Ci troviamo così a parlare in una sala riunioni. Un grande tavolo di cristallo copre un enorme lavoro di Milan Knizak dove con il colore sono stati resi fossili oggetti di vita quotidiana.
“É stato così tante volte da noi. C'è un rapporto di lunga data. È stato ministro della Cultura con Havel.”. La stanza è piccola e vetrata e tutta circondata dalle pezze di tessuto. Quelle per cui Bonotto è conosciuto nel mondo della moda come uno dei grandi “creativi” ed innovatori. Accende un teatrino di John Cage. Che sta lì, tra un campionario e l'altro. Con normalità. Senza arroganza e senza supponenza. Con la normalità extraordinaria dell'arte. Quella stessa che si legge quando si prende in mano uno di quei tessuti. Uno qualsiasi. “Nei nostri tessuti ci sono tutta una serie di stratificazioni e sedimentazioni. Che poi tagliamo, corrodiamo, modifichiamo. Li facciamo vibrare. La materia si deve sentire. Deve emergere. Deve essere densa. Forte. Unica. Deve avere storia, radici profonde, sulle quali inventare un nuovo progetto contemporaneo. Noi vogliamo che tutti i nostri prodotti abbiamo questa identità e questa visione. Che trasmettano la cultura che hanno dentro. L'anima. Questo è per noi la stoffa. E l'arte, in particolare Fluxus, ha influenzato il nostro modo di pensare, di orientare qualsiasi azione che facciamo. Si è innestata in tutto e ne determina anche i processi”.
Ascolto. Sento la passione dentro le parole. Mica la solita tiritera marketing oriented. O le solite frasette del collezionista o del mecenate che per trovare solidità sociale o riconoscibilità o per avere qualche redazionale in più. Comincio a capire perchè Armani come Prada, Margiela come Paul Smith, Boss come Diesel scelgono Bonotto, fatto in Italia, in quel di Molvena, in provincia di Vicenza, in quel del Veneto!
È passato qualche anno da quell'incontro.
Sono i primi giorni di dicembre. È sera. Ora di cena. Mi trovo con Luigi Bonotto nella sua casa di Bassano del Grappa per parlare della mostra che è il motivo di questo testo. Lo trovo nel suo buen retiro. Una capsula dove si ritira per stare in pace con Fluxus.
Un grande tavolo è popolato da una risma di fogli stampati con piccole icone con parte dei migliaia di lavori dell'Archivio Bonotto.
E su quelli Luigi valuta e crea le sue geografie curatoriali che daranno vita alla mostra “Creative R'evolution – 50 anni di Fluxus nell'Archivio Bonotto”.
Luigi è sempre un fiume in piena. Malgrado la sua mitezza e discrezione. È come aprire un libro vivente di storia dell'arte. Ma di quella vissuta. Perchè questo è stato Fluxus e Bonotto. Trent'anni di vita assieme. Non di collezione. Ma di reciproco amore e di reciproca stima. Di collaborazione. La stanza è ossessionata di opere. Ovunque. Dalle porte alle finestre, alle pareti. Dalle mensole della cucina. Ovunque c'è una traccia, un
segno, una presenza. “Cosa vuoi. Passavano. Stavano qui. Si fermavano. Progettavamo lavori e situazioni. Si viveva assieme. E si dava vita a progetti. Di tutti i tipi”.
Anche Luigi è un artista. Ha fatto l'Accademia. Era allievo di Vedova. Nulla si inventa.
“Ma l'incontro con Fluxus mi ha aperto la visione e le prospettive. E sono entrato nella dimensione di invenzione continua di Fluxus. E non l'ho più lasciata perche è stata la mia
vita. Certo mi sono dedicato ai miei tessuti che poi sono diventati un'industria, ma quella cosa lì è dentro di me. E da allora non è più uscita”.
Mette sul tavolo un po' di scatole di Maciunas. Le mitiche. “Pensa che una volta tornavo da un viaggio in aereo e alla frontiera mi fermano con una serie di scatolette. Prova a spiegare al signore della dogana che è arte! Pensava ci fosse droga. Cose strane. Alla fine mi ha detto: Vada, vada. Io di gente strana ne ho incontrata, ma come lei..”.
Di Maciunas ha tantissimo. Si aprono continuamente le piccole invenzioni che sottostanno ai box sul tavolo.
“Ah guarda qui il primo manifesto di Fluxus, ho quello che ha corretto poi Beuys, guarda il primo libro, guarda, guarda...”.
Mi mostra la prima pubblicazione del gruppo fatta di buste. Ci fermiamo a Yoko Ono. Ride.
C'è scritto autoritratto. “Aprila”. Un piccolo specchietto...Luigi ha organizzato la sua mostra di Yoko Ono in Italia a Treviso nel 2007. Un rapporto speciale tra i due che continua da tanti anni. Fatta di collaborazioni, corrispondenze, produzioni. Vederli assieme è divertente. Luigi è imponente. Alto, con una gran chioma bianca e profondi occhi. Lei piccola piccola. Indifesa apparentemente. Magrissima.
Luigi è ricchissimo di aneddoti e racconti. Di personaggi conosciuti e frequentati. Ha gli occhi di chi ha vissuto tanto. Scendiamo nel “caveau”. Sono disposti a terra i lavori.
“Ho fatto alcune scelte per Barcellona, anche forti. Per esempio quello è il lavoro che ha creato fortissimi imbarazzi politici a Fluxus e che ne ha determinato anche una segregazione. Perchè faceva paura”. Li vedrete in mostra a Barça!.
La stanza è piena piena zeppa di lavori. È come muoversi nell'interrato di un grande museo. Ogni opera catalogata da due archivisti assunti appositamente per seguire l'Archivio. Prima di uscire verso il garage di apre un'altra stanza. “Qui tengo le opere a cui tengo di più. Ho fatto anche mettere questa porta blindata. Ma tanto non la chiudo mai! Chi vuoi che se li porti via?”. Ride felice.
Anche il garage è pieno di lavori. Ovunque. “Vedi quelle sedie? Ne ho fatta una per artista che è passato o sta da noi...”. Saliamo in macchina verso una trattoria. Non abbiamo nemmeno dato un occhio all'altro pezzo della collezione presente in casa. Poesia visiva.
Altro tema. Ci sarà un'altra volta.
Fortuna vuole che non troviamo niente di aperto. È martedì sera. Così giriamo in periferia collinare e ci raccontiamo.
Luigi partirà l'indomani per la casa di Nizza di Ben Vautier.
“Gli porto con questa macchina tutti i vestiti sui quali lui scriverà per la mostra di Barcellona. Ci saranno un centinaio di manichini. È felice anche lui della mostra. Pensa che ha una casa coloratissima, con le pareti esterne piene di suoi lavori. Per cui piene di scritte. Con lui.... ”.
Luigi Bonotto ci lascia con il suo lavoro una grande lezione che torna utile in questi tempi di crisi di visioni. E dove tutti inventano tutto solo per vendere una magliettina in più.
Le sponsorizzazioni non sentite non servono a nulla.
Non esistono rapporti arte - industria semplicemente fatti da un logo sotto ad una locandina. O comprati con un assegno. La continua pletora di inviti e manifestazioni fatte da imprese del mondo della moda in molti casi sono solo vetrine per i vestiti ma niente di più. Ed è per questo che dopo un po' muoiono. E che il consumatore non le riconosce.
Un lavoro con l'arte e per l'arte deve innescare processi quotidiani. Legati alla vita delle persone. Fatto per le persone.
“Non serve a niente e nessuno il quadro sopra ad una scrivania del capo. Io ho amato da subito Fluxus perchè è uno stato del pensiero. Uno spirito. Un modo di leggere e di vedere. E quello mi ha aiutato in ogni momento della vita. Moltissimo anche nel lavoro.
Ogni volta che sto con un'artista è come se mi si aprissero nuove vie. È come se capissi meglio alcune cose. È come se quello che era nebbioso diventasse sereno”.
Questo è il motivo per cui Luigi è Fluxus e su Fluxus ha fatto la sua atipica collezionearchivio.
Si legge la voglia di partire negli occhi di Luigi per incontrare Vautier. Di incontrare il flusso ancora. Un flusso interminabile. Che ha la fortuna di proseguire con la seconda generazione che ha il grande impegno di portare avanti una delle maggiori collezioni al mondo. Oltre diecimila tra lavori e documenti archiviati. Un punto di riferimento internazionale per il movimento artistico più rivoluzionario del secondo Novecento.
Le passioni come le esperienze non sono trasmissibili.
Ma in questo caso si sono create le condizioni ambientali perché l'Archivio Bonotto abbia in Giovanni e Lorenzo Bonotto i prosecutori di una vita straordinaria. Anche dei figli sono amico. In particolare Giovanni è per me un fratello. Il Flusso si è trasmesso. Ve lo garantisco.
Cristiano Seganfreddo
Vicenza, dicembre 2008
Creative R'Evolution.
50 Years of Fluxus from the Archivio Bonotto
The Souce
Fira Barcelona
Avenida Reina Mª Cristina s/n
08004 Barcelona
www.breadandbutter.com
www.breadandbutter.com/thesource
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